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Gli inquinanti biologici ambientali: alla scoperta della legionella

In questa puntata del podcast Casa e Salute, Damiano Sanelli, responsabile tecnico dell’ATTA – Associazione…

Pubblicato il 9 Maggio, 2023 • di Angelica Salerno

In questa puntata del podcast Casa e Salute, Damiano Sanelli, responsabile tecnico dell’ATTA – Associazione Tossicologi e Tecnici Ambientali – ci guida nel mondo della legionella, uno tra gli inquinanti biologici ambientali più comuni e spesso non sufficientemente conosciuto.

Innanzitutto, è bene fare una prima e fondamentale distinzione tra le diverse tipologie di inquinanti che respiriamo negli ambienti indoor, che possono essere distinti in tre categorie: inquinanti biologici – che comprendono quelli ambientali, umani e a carica fungina –, inquinanti chimici e inquinanti fisici. Nella prima categoria rientrano gli inquinanti generati dalle persone, dagli animali e dalle condizioni ambientali, tra cui muffe e spore generate dai vari problemi di umidità e che contribuiscono in gran parte all’insalubrità dell’aria degli ambienti in cui viviamo. «Solo quelli biologici – spiega Damiano Sanelli – costituiscono circa il 40-45% degli inquinanti che possiamo trovare all’interno degli edifici e, rispetto agli inquinanti chimici, hanno tempi di insorgenza delle relative patologie molto più brevi: sono sufficienti alcuni mesi o, in certi casi, solo alcuni giorni affinché la malattia si estrinsechi».

Tra gli inquinanti microbiologici uno dei più temuti e spesso solo superficialmente conosciuti è il batterio della legionella. Anche la sua scoperta è molto recente: risale, infatti, al 1977 e prende il nome da un raduno di legionari avvenuto l’anno precedente a Philadelphia, negli Stati Uniti, a seguito del quale molti furono contagiati e persero la vita a causa del batterio. Si tratta di un batterio comprendente oltre 60 specie, che si può annidare in molti contesti diversi: conoscerlo in modo approfondito è quindi fondamentale per prevenirlo e debellarlo. In particolare, la presenza della legionella pneumophila – che a che fare con la respirazione e che intacca i polmoni – è molto comune in ambienti chiusi in cui si creano affollamenti, come uffici e ospedali; soprattutto in quest’ultimo caso, la sua presenza crea situazioni molto pericolose per soggetti già fragili.

La legionella si può sviluppare in tutti quei contesti in cui sono presenti serbatoi e condutture d’acqua, senza necessità che siano di grandi dimensioni: è sufficiente che l’acqua ristagni affinché si crei un deposito e un potenziale pericolo. «La sua pericolosità si attiva non quando beviamo l’acqua, ma quando questa esce dai rubinetti e, evaporando, aerodisperde il batterio nell’ambiente. È bene quindi prestare estrema attenzione in tutti quei contesti in cui serbatoi d’acqua e condutture rimangono inattive per un certo periodo – anche solo un mese è sufficiente – come alberghi ad attività stagionale e seconde case» – suggerisce Sanelli. Bisogna controllare assiduamente anche le condutture d’aereazione, altro luogo in cui facilmente si creano depositi d’acqua e di umidità che servono al funzionamento dei dispositivi. È necessario qui intervenire non solo pulendo e manutenendo regolarmente i filtri, ma anche inserendo un sistema di purificazione delle lamelle situate dietro ai filtri in modo da evitare la proliferazione del batterio.

La legionella si può manifestare in diversi modi. Se contratta in modo leggero non intacca i polmoni e si manifesta con febbre e semplice influenza, che si risolvono in pochi giorni; altrimenti, se si verifica la malattia infettiva propriamente definita “legionellosi”, vengono colpiti i polmoni e il decorso della malattia è decisamente più lungo, arrivando nel 12-15% dei casi – soprattutto per quanto riguarda i soggetti più deboli – a causare la morte. «Per poterla debellare del tutto – spiega ancora Sanelli – è necessario raggiungere temperature oltre i 70°C; a temperature più basse la sua pericolosità si disattiva ma il batterio non muore, mentre tra i 25 e i 45°C si ha la sua massima pericolosità».

Come possiamo agire, quindi, in contesti moderni in cui ci troviamo ad avere a che fare con impianti di raffrescamento e umidificazione sempre più complessi e quindi sempre più rischiosi? Sicuramente monitoraggio e manutenzione costanti delle apparecchiature e dei sistemi che utilizziamo sono alla base di un’efficace prevenzione, ma, dove possibile, per eliminare il problema alla fonte può anche essere utile ricorrere all’impiego di materiali massivi nelle pareti, che fungono da termoregolatori durante le diverse stagioni, eliminando la necessità di ricorrere all’impiego di nuovi impianti.

Ascolta qui la puntata del podcast: